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Mio figlio, che ha compiuto 8 anni un mese fa, è sempre stato un bambino molto socievole, alla ricerca di amici con cui giocare. Anche in famiglia ha sempre avuto un atteggiamento positivo: niente capricci, o comunque davvero pochi, e un modo di fare affettuoso e sorridente, con noi e con la sorellina di tre anni. Da qualche mese, però, le cose sono cambiate. Prima della fine dello scorso anno scolastico le maestre ci hanno segnalato che mio figlio è diventato aggressivo nei confronti loro (non accetta consigli di nessun genere) e dei compagni (è capitato anche che ne picchiasse uno, per fortuna senza conseguenze). E anche con noi le cose sono cambiate: Francesco continua a dire no alle nostre proposte, a fare capricci su tutto, ad avere scatti di rabbia nei confronti nostri e degli adulti che gli stanno intorno. Noi non riusciamo a capire perché e soprattutto non
riusciamo a porre rimedio a questa situazione. Le cose in casa non sono
cambiate: tra me e mio marito c'è armonia, la sorellina non lo disturba
più di tanto, lui ha i suoi spazi, i suoi amici. Non vorremmo che
Francesco cominciasse il nuovo anno scolastico in questo modo. Che cosa
dobbiamo fare? Risponde: AIPEP L'aggressività, che è un fenomeno naturale con una
sua funzione adattiva, può diventare un problema quando è eccessiva,
quando si trasforma in violenza, e quando diventa un mezzo relazionale
consueto che comporta inevitabili contrasti con la realtà esterna. Nei
giovani aggressività e violenza sono sempre sintomo di disagio, di
difficoltà vissute, e, nello stesso tempo, rappresentano una richiesta
di ascolto ed aiuto che merita un'adeguata attenzione. Spesso tali comportamenti derivano da aggressività subita, da modelli di relazione sociale violenti introiettati e vissuti come adeguati, da problemi che nascono all'interno delle relazioni familiari e sociali che possono generare ansia e altre forme di disagio psicologico, da momenti critici propri delle fasi evolutive dello sviluppo. Nel caso di Francesco è possibile che ci siano stati precedentemente segnali di disagio non percepiti, come cambiamenti di umore, difficoltà di concentrazione, piccole fobie, che potrebbero chiarire meglio la situazione del bambino in merito all'origine delle sue difficoltà. Quello che sappiamo della storia di Francesco ci fa pensare che il bambino stia attraversando una crisi personale che non riesce a tradurre se non in un comportamento aggressivo nei confronti degli adulti e dei suoi pari. Lo sviluppo della personalità è dato dalla
possibilità di riuscire a risolvere positivamente le varie fasi
evolutive con le loro crisi inevitabili. Nell'infanzia si acquisiscono
le fondamentali capacità relazionali e di identificazione con i modelli
etici e culturali che saranno di riferimento nell'età adulta. Quando un
bambino esprime il suo disagio come con i comportamenti aggressivi
occorre ascoltare la sua "voce grossa" senza ansia e
colpevolizzazione, trovare il significato di questi atteggiamenti nella
semantica ancora informe del suo mondo in evoluzione: allora un ascolto
efficace da parte degli adulti deve essere innanzitutto libero da ansia
e capace di fornire, senza ambiguità ed ipocrisie, spiegazioni che
riescano a liberare significati utili per far fronte ad un momento
critico. Se il problema diventa importante e non si riesce a gestirlo direttamente, allora diventa opportuno far riferimento alle strutture di supporto psicologico specifiche, come i Centri Materno- Infantile, dove richiedere un intervento adeguato. |
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